domenica 28 aprile 2013

Il "tarab"

 

 

Quando ci doniamo alla musica, anima e corpo, entrando in uno stato di estasi e totale abbandono, quasi una sorta di trance, in cui tu sei uno con la musica, ecco, questo è ciò che gli arabi chiamano "tarab".
Il verbo “tariba”, da cui deriva il termine “tarab”, significa “essere commosso da gioia o da dolore”, “provare emozioni di piacere o di tristezza”, “andare in estasi, essere incantato, turbato, agitato, scosso".
Non esiste una corrispondenza nella nostra lingua. 
Secondo il dottor Ali Jihad Racy, autore del libro "Making Music in the Arab World",
 "Nella cultura araba, la fusione tra la musica e la trasformazione emotiva che avviene nell'ascoltatore è esemplificato da un  concetto, il  tarab, che non può avere un esatto equivalente nelle lingue occidentali ".

 
 

Danza con la spada: Raqs al Sayf

La danza del ventre è un magico caleidoscopio di colori. Fra le sue mille sfumature incontriamo la danza con la spada, conosciuta in arabo come "Raqs al Sayf".


La spada viene usata come accessorio di scena nella moderna danza del ventre, in occidente.
Le  origini di questa forma d'arte sono piuttosto incerte.  Ci sono moltissime leggende legate ad essa, ed è interessante analizzarle, perchè oguna di esse porta un particolare messaggio legato ai significati che la spada porta con sè.

Qualcuno la considera una danza sacra, legata ai riti propiziatori di madre terra.
Danzando con la spada rendiamo omaggio ad Isthar, antica  Dea mesopotamica della vita,  della luna, della natura e della guerra.
Rita Gaeta - Nur, autrice del libro "Dea e Dive legate alla danza orientale", collega questa danza al culto della dea guerriera Neit. Secondo l'autrice,  la spada simboleggia "la potenza della Dea che protegge i deboli, distrugge i nemici ed apre il cammino".
Altri raccontano di come talvolta le schiave, ai tempi dell'impero ottomano, riuscivano a strappare le spade ai soldati, per improvvisare una sensuale danza, ponendo la spada sul capo,  attraverso cui riaffermare la  libertà della propria anima:  "Anche con una spada sulla testa, sono libera di muovere i miei fianchi e danzare", sembravano dire le belle schiave dell'harem ottomano.
Un'altra leggenda racconta di come le gawasi usavano le spade per intrattenere i soldati napoleonici, danzando tenendole in equilibrio sulla testa o su altre parti del corpo. Attraverso le loro danze, diffondevano il messaggio secondo cui la spada va usata per il bene, non per aggressione.
Sempre a proposito della Raqs al Sayf, sul  blogger Kaliij, immagini e pensieri dall'Arabia, leggo: " A questo punto vorrei aggiungere la mia intuizione personale sulla sacralita’ di questa danza: nel tempio della dea Manat, (nei pressi dalla citta' di Medina), la divinita’ preislamica del Destino, era conservato un tesoro. Il Corano documenta in dettaglio la distruzione del tempio, e la presenza nel tesoro di due preziose spade. Ali, il cugino di Maometto, le consegno’al Profeta, che a sua volta gliene fece dono. Ancora oggi, in effetti, lo stemma dell’Arabia Saudita raffigura due spade incrociate che rappresentano la forza e la giustizia. Le due spade sottratte al tempio della Dea Manat si chiamavano Mikhdam (la tagliente) e Rasub (la penetrante)."


La spada, simbolo di verità e giusta e la sua danza rimanda al dominio delle forze aggressive dell'essere umano

Dal punto di vista storico, la principale testimonianza proviene dai dipinti dell'orientalista  Jean Leon Gerome risalenti al XIX secolo e di cui possiamo vederne un esemplare.  Ballando con la spada lascia equilibrio e il dominio interno delle forze aggressive di essere umano. Esistono varie leggende circa l'origine di questa danza. Uno di loro ci dice che si tratta di una danza in omaggio alla dea Neit guerriero. Essendo una dea guerriera, che simboleggiava la distruzione dei nemici e l'apertura dei modi. E 'anche possibile che nell'era in cui gli scontri avvenivano tra i turchi ei greci, gli Ottomani avevano alcuni ballerini che erano incaricati di servire il vino e intrattenere i soldati nemici.
Almee - dipinto orientalista


La danza con la spada richiede precisione, equilibrio, centratura, ed in questo senso rimanda alla capacità di dominare le forze aggressive presenti nell'animo umano e di saper equilibrare azione ed emozione.

Maschile e femminile si compenetrano in questa danza sensuale ed aggressiva al tempo stesso.
La danzatrice dà prova della sua maestria e della sua forza interiore, muovendosi sinuosamente con la spada,   posta in equilibrio sulla testa,sul seno e sul ventre.

Fonti: http://www.mondointasca.org
 "Dea e Dive legate alla danza orientale", di Rita Gaeta - Nur
 http://www.nuriadiez.es
 http://khalijmuscat.blogspot.it/

ll Mito d'Origine


Brano tratto dal Testo: "Il corpo Svelato - La danza nella società arabo islamica" di Kassim Bayatly, p. 13

«È curioso che la "danza del ventre" per secoli, e tutt'oggi, sia esistita in modo sorprendente nei paesi musulmani, pur non appartenendo alla cultura islamica, e rimanendo circoscritta in una realtà socio-culturale marginale. Perchè? Dove possiamo rintracciare la sua eventuale origine e quali sono le sue caratteristiche?
[...]
Nella nostra analisi prenderemo in considerazione il nome stesso: "danza del ventre". Il ventre cioè' come luogo della procreazione, come sorgente di vita, collegato alla figura della donna madre, simboli della fecondità e delle fertilità. La nostra attenzione, dunque, sarà concentrata sul corpo della donna ( visto che solo la donna attualmente pratica professionalmente questo tipo di danza) e sulla figura dell Grande Madre nell'antica civiltà Mesopotamica.
Non vogliamo affermare che l'attuale danza del ventre rappresenti una danza sacra o cultuale derivata da una cultura antica, bens' pensiamo al fenomeno connesso alle tracce remote di una manifestazine di danza decontestualizzata e degenerata e sopravvissuta al margine della società arabao islamica da diversi secoli.
È indubbio che il mito della Grande Dea Madre Mesopotamica esercitò notevole influenza su alcune culture antiche: quella degli Indiani, dei Greci, dei Romani e degli Arabi antichi.
In che cosa consisteva il mito della Dea Madre e come si svolgeva la manifestazione culturale dedicata ad Essa? Se prendiamo in considerazione l'affermazione di Samuel Kramar in merito alla teogonia sumerica, troviamo la Dea Madre, della fertilità, già nella seconda metà del terzo millennio con il nome di Ishtar, Dea dell'amore e della guerra.
In sostanza, la sua funzione, come possiamo dedurre dal mito, è quella di discendere nel mondo degli inferi (cioè il mondo dei morti) - attraverso il passaggio delle sette porte che simboleggiano i sette mondi terrestri, spogliandosi, via via, dei monili e delle vesti e oltrepassando le porte - riprendendo la sua sostanza peculiare di dea, rientrando poi nell'ordine divino per rigenerare la vita. Ripercorrendo il tragitto a ritroso, la Dea ridona agli esseri, uomini e animali, l'amore e la fertilità.
"E' probabile che in quei giorni di gioia e di strepitante voglia di vivere, lo sposalizio sacro venisse celebrato innumerevoli volte in maniera vicaria come festa dell'ebbrezza dei sensi, come libera unione dei sessi, per la quale, accanto alle schiave prostitute, erano a disposizione , nel tempio stesso, numerose ierodule di Inanna (Ishtar) che la prostituzione rituale rendeva vere sorelle della loro dea assetata d'amore.
Il mito si trasformò in culto, e nel culto si celebrò regolarmene la ripetizione del mito." La festa annuale, celebrata appunto per tale motivo, vedeva il concorso dell'intera popolazione".
[...]

All'epoca remota dell'antica cultura araba pre-islamica, "le donne godevano di vasti poteri e di una importante posizione sociale, al punto che il governo era affidato a regine, che conservano propri privilegi, sovrani anche dopo il matrimonio.

Anche in campo religioso, l'elemento femminile aveva un ruolo primario, e particolarmente venerata era Alorsamanni, la Ishtar araba, il cui simbolo era l'astro del mattino di Venere. Tutto ciò potrebbe essere prova della presenza della Dea Madre presso la cultura degli antichi arabi, ma non possediamo una conoscenza cronologica precisa né sappiamo in che modo si sia verificata questa sua influenza. Sappiamo solo, con certezza, che gli antichi arabi adoravano dee femminili, e che, con l'arrivo dell'Islam, si è distrutto tutto ciò che apparteneva alla cultura pagana. Eppure gli arabi, fatti musulmani, non hanno mai dimenticato le antiche poesie e gli aneddoti che tramandano la memoria dei loro antenati. Con l'espansione dell'Islam, nell'ottavo secolo d.C., le conquiste diffusero la cultura e la lingua araba ben oltre i confini della penisola arabica, dal Marocco fino ai margini dell'altopiano Iranico. Le culture locali pre-islamiche subirono un sensibile arresto e una stasi da cui solo lentamente alcune si ripresero. 
Con l'avvento degli Abbasìdi, alla metà del secolo VIII, che si stabilirono in Iraq, "le genti sottomesse fanno il loro vitttorio ingresso nella vita spirituale della nuova società, vi portano il ricordo e spesso il concreto patrimonio della loro precedente cultura: talora anche una consapevolezza fierezza della loro, non araba. Uomini i cui avi, poche generazioni prima, erano iranici, greci, armeni, visigoti, diventarono non solo cittadini, ma maestri e corifei della cultura internazione musulmana espressasi all'epoca soltanto in arabo" (F. Gabrieli, La letteratura araba, Firenze, Sansoni, 1967, p. 13). Nello sviluppo opulento della grande città del califfato degli Abbasidi, coabitavano diverse religioni di gente non mussulmana, che vivevano al margine della cultura religiosa ma avevano uno stretto contatto con le varie categorie e i ceti sociali che componevano la società, di cui parleremo nel prossimo capitolo.
Ed è in questa realtà di contatto e mescolanza di diverse culture locali di questo periodo che, a nostro parere , va ricercata la probabile origine dell'attuale "danza del ventre": cioè negli elementi formalizzati del concetto della Dea Madre, dea dell'amore, che, fuori dal suo contesto culturale, ha subìto una significativa trasformazione. Tuttavia, in merito alla presenza del culto della Dea Madre nella società islamica , trapelano informazioni vaghe ed incerte. [...]
A nostro avviso, l'attuale "danza" è una forma ibrida che nasce da un connubio scaturito dalle tracce formalizzate dell'idea remota della figura femminile, derivata dalla dea dell'amore e della fertilità, con la musica arabo islamica sviluppatasi nei palazzi opulenti del periodo degli Abbasìdi, e di cui le donne, anche erudite, si dilettavano; la musica araba ha sottolineato le caratteristiche peculiari dei movimenti corporali dell'antica figura e della danza stessa: la struttura della musica, una fra le arti più importanti della cultura arabo islamica, ha esercitato, perciò, una decisiva influenza sulla tipologia dei movimenti melodici e ritmici dell'attuale "danza del ventre".

D'altro canto, è certo che questo tipo di danza non appartiene alla cultura islamica, nè rappresenta apsetti significativi della cultura arabo - classica: è sopravvissuta ai margini della società islamica, ed è tutt.oggi circoscritta all'interno di una realtà caratterizzata da una sottocultura che non ha avuto la capacità di inserirsi appieno nel contesto della società araba, nè ha potuto evolversi per dialogare con la cultura erudita. E' una forma di danza che è stata, ed è tutt'oggi, n' del tutto rifiutata, nè del tutto accettata.




sabato 13 aprile 2013

Tecnica: posizioni nella danza del ventre

La danza mediorientale non ha una codifica unica, sebbene è  in corso un tentativo, da parte delle federazioni, di creare una codifica unica per tutti.   Quelle che vi fornirò di seguito sono le posizioni che mi sono state insegnate e che adotto a lezione. Potreste trovare delle leggere differenze rispetto a quelle che conoscete o che vi sono state insegnate.



POSIZIONI BRACCIA

Prima orientale: dalla postura di base, le spalle sonoposizionate indietro e le braccia allungate lungo il corpo, leggermente staccate da esso, in modo da creare una piramide sotto le ascelle. Il polso è morbido.

Seconda orientale: dalla prima posizione apro lateralmente le braccia, portandole  parallele al pavimento. Il gomito è leggermente piegato, le palme delle mani sono  rivolte verso terra o verso l'alto e non superano mai l'altezza delle spalle. La mano è  morbidamente allungata. Il tutto conferisce alla posizione un'immagine di allungamento.
Nel raqs sharqi le braccia  sono aperte all'altezza della spalla, mentre nel folklore e nel beledi sono più basse, all'altezza del seno.

Terza orientale: Dalla seconda posizione sollevo le braccia al di sopra della testa,  a livello dell'asse verticale del corpo. Nel sollevare le braccia avrò cura di mantenere le spalle in posizione base e di non sollevare il trapezio. Questa posizione è chiamata anche "posizione dell'anfora sulla testa". 

Varianti della terza posizione:
terza incrociata: incrocio i polsi
terza aperta: i palmi sono rivolti verso l'esterno
terza chiusa:i  palmi si guardano

Quarta orientale:  mantendo la posizione base delle spalle, porto  le braccia davanti al corpo,  all'altezza del  seno,   incrociando i polsi e tenendo le mani verticali, rispetto al pavimento con le palme rivolte all'esterno. 
quarta aperta: le mani non si toccano

Quinta orientale estesa: dalla prima posizione, mantengo un braccio in prima e porto l'altro in terza, avendo cura di mantenere la spalla abbassata. 

Variante:
quinta beledi: il braccio in terza,  si  avvicina all'orecchio 

Sesta orientale estesa: dalla seconda posizione, porto un braccio  in alto, come nella terza posizione. 
Sesta beledi: il braccio che è in alto scende all'altezza dell'orecchio.


Arabesque: port de bras associato all'arabesque




POSIZIONI DEI PIEDI:

Prima orientale: i piedi sono paralleli, non uniti, più stretti delle anche, radicati al pavimento.
Seconda orientale: i piedi sono paralleli, alla stessa apertura delle anche, peso in centro
Terza orientale: i piedi sono paralleli, con un'apertura leggermente oltre l'ampiezza delle anche. Peso in centro.
Variante: 
terza puntata lateralmente
Quarta orientale: un piede avanti e uno dietro, paralleli
Variante:
quarta puntata avanti
quarta puntata indietro
Quinta orientale: un piede davanti all'altro, paralleli, più vicini rispetto alla quarta
Variante:
quinta puntata in avanti (posizione beledi):

Note introduttive

In questo sito vengono forniti alcuni consigli ed esercizi, per accostarsi alla danza del ventre. Solo la supervisione di un insegnante può però garantire dei buoni risultati e soprattutto l'apprendimento corretto della postura e dei movimenti.

venerdì 12 aprile 2013

La danza del ventre nel mondo antico


Le origini della danza del ventre sono avvolte dal mistero. Le prime testimonianze scritte risalgono al 1700, è perciò quasi impossibile stabilire con certezza il luogo e la data in cui questa danza ha fatto la sua comparsa. Di certo, sappiamo che è una danza molto antica, fonti ben accreditate sostengono che sia nata  circa 25.000 anni fa, come pratica sacra legata al culto della Dea Madre.  I reperti archeologici, le pitture rupestri e stralci di letteratura antica, ci consentono, tuttavia, di  farci un’idea di quelle che sono state le antiche danze femminili, da cui la danza del ventre deriva.
Queste danze, al contrario di quanto comunemente si pensa, non sono una tradizione esclusiva del medioriente. C’è stato un tempo in cui ovunque nel mondo la donna era considera sacra, incarnazione vivente della Dea, portatrice di vita. In quei tempi i riti religiosi erano intrisi di musica, danza e canto. Si ballava nelle isole Hawaii, in onore della Grande Madre Laka, in Mesopotamia, per celebrare  la Gran Madre Ishtar. In Iran, Tuchia e Siria. In Egitto le sacerdotesse danzavano in onore di Iside  e attraverso le loro movenze  aprivano  un canale di comunicazione con la Dea. Nel grande Tempio di Artemide,  a Efeso le sacerdotesse veneravano la Dea con danze rituali di cui vengono descritte movenze analoghe a quelle della danza del ventre.  Danze rituali venivano eseguite a Cipro in onore della Dea Afrodite,  e in Grecia nel Tempio di Venere a Corinto.
Soffocata dall’avvento del patriarcato e dalle religioni monoteiste, la danza delle donne è sopravvissuta in Medioriente come forma d’intrattenimento.
Un grande contributo alla diffusione di quest'arte è  da attribuire alle popolazioni Rom, che dall'India si spostarono via terra verso l'Europa fino alle rive del Mediterraneo e da lì diramandosi verso il Medio Oriente, il Nord Africa, l'Europa Mediterranea e dell'Est. Nel corso di questi spostamenti la danza del ventre subì l'influenza delle diverse culture incontrate sulla sua strada contaminandole a sua volta, fino a ciò che conosciamo oggi come danza del ventre.

La danza

La danza è la madre di tutte le arti.

Curt Sachs

.....Pensieri al vento sulla danza......
"Il significato delle danze odierne è noto a tutti e si potrebbe dire che esse abbiano principalmente lo scopo di un divertimento, di uno spettacolo, di un corteggiamento ed in certi casi, come nella danza classica, di una rappresentazione artistica.
Se però si pensasse a come potevano essere le danze di qualche migliaio di anni fa e soprattutto al senso che esse potevano avere, si potrebbe forse prendere atto che gli scopi per cui esse venivano eseguite fossero totalmente diversi da quelli per cui oggi si danza"

Tratto da: "Delle antiche danze femminili" di Irina Naceo, ed. Terra di Mezzo, risvolto di copertina











Difficile spiegare a parole cos'è la danza.
Secondo Curt Sachs “la danza è la madre di tutte le arti (…) tutto è presente nella danza: il corpo, che nell'estasi trascende divenendo ricettacolo della potenza dell'anima; l'anima, per l'appunto, che trae felicità e gioia dall'accresciuto movimento del corpo liberato da ogni peso; il bisogno di danzare, erchè la prorompente gioia di vivere strappa le membra dal loro torpore; il desiderio di danzare, perchè chi danza acquista un potere magico che elargisce vittoria, salute, vita; un legame mistico che nella danza unisce la tribù e il libero manifestarsi della propria individualità.”
Tratto da  Storia della danza di Curth Sachs


La danza nasce dall'anima dell'uomo, è un impulso alla vita e all'unione, una porta per accedere alla nostra più profonda individualità.
La danza è una delle arti sceniche dell'antichità, insieme al teatro e alla musica.
Essa è una forma d'espressione innata nell'uomo.
La prima forma di conoscenza, infatti,  è quella che avviene attraverso il movimento del corpo.
Le danze arcaiche, come vedremo meglio parlando della danza del ventre e delle danze polinesiane, erano un tutt'uno con il rito religioso.
In epoca successiva la danza divenne un momento di aggregazione della collettività nelle feste popolari e ancora oggi persone di ogni età si riuniscono nelle discoteche e nelle sale da ballo.
Vediamo così che la danza, nel corso dei secoli, è sempre stata uno specchio fedele della società, del pensiero e dei comportamenti collettivi.

giovedì 11 aprile 2013

La danza del femminile

Tecnica: postura

La postura base nella danza del ventre

I piedi sono ben piantati a terra, paralleli, in linea con le anche.

Le ginocchia sono morbide, rilassate, in asse sopra i piedi.

Ne consegue che piedi, ginocchia e anche sono allineate.

Il coccige guarda verso il basso e la colonna vertebrale è allungata, dal sacro, fino alla cervicale.

I muscoli addominali sono tonici.

Lo sterno è aperto a livello del diaframma e guarda verso l'alto, in conseguenza della posizione assunta dalle spalle.

Le spalle sono rilassate, posizionate, in seguito ad una rotazione, all'indietro e abbassate. 

La testa è in asse rispetto al corpo, con lo sguardo orizzontale e il  collo allungato. Immagina un filo che tira verso l'alto.

Il respiro è regolare

Due forze opposte attraversano il corpo, dall'ombelico in giù l'energia ci spinge verso madre terra, dall'ombelico in su, ci proietta verso il cielo.