Brano
tratto dal Testo: "Il corpo Svelato - La danza nella società arabo islamica" di Kassim Bayatly, p. 13
«È curioso che la "danza del ventre" per secoli, e tutt'oggi, sia esistita in modo sorprendente nei paesi musulmani, pur non appartenendo alla cultura islamica, e rimanendo circoscritta in una realtà socio-culturale marginale. Perchè? Dove possiamo rintracciare la sua eventuale origine e quali sono le sue caratteristiche?
[...]
Nella nostra analisi prenderemo in considerazione il nome stesso: "danza del ventre". Il ventre cioè' come luogo della procreazione, come sorgente di vita, collegato alla figura della donna madre, simboli della fecondità e delle fertilità. La nostra attenzione, dunque, sarà concentrata sul corpo della donna ( visto che solo la donna attualmente pratica professionalmente questo tipo di danza) e sulla figura dell Grande Madre nell'antica civiltà Mesopotamica.
Non vogliamo affermare che l'attuale danza del ventre rappresenti una danza sacra o cultuale derivata da una cultura antica, bens' pensiamo al fenomeno connesso alle tracce remote di una manifestazine di danza decontestualizzata e degenerata e sopravvissuta al margine della società arabao islamica da diversi secoli. È indubbio che il mito della Grande Dea Madre Mesopotamica esercitò notevole influenza su alcune culture antiche: quella degli Indiani, dei Greci, dei Romani e degli Arabi antichi.
In che cosa consisteva il mito della Dea Madre e come si svolgeva la manifestazione culturale dedicata ad Essa? Se prendiamo in considerazione l'affermazione di Samuel Kramar in merito alla teogonia sumerica, troviamo la Dea Madre, della fertilità, già nella seconda metà del terzo millennio con il nome di Ishtar, Dea dell'amore e della guerra.
In sostanza, la sua funzione, come possiamo dedurre dal mito, è quella di discendere nel mondo degli inferi (cioè il mondo dei morti) - attraverso il passaggio delle sette porte che simboleggiano i sette mondi terrestri, spogliandosi, via via, dei monili e delle vesti e oltrepassando le porte - riprendendo la sua sostanza peculiare di dea, rientrando poi nell'ordine divino per rigenerare la vita. Ripercorrendo il tragitto a ritroso, la Dea ridona agli esseri, uomini e animali, l'amore e la fertilità.
"E' probabile che in quei giorni di gioia e di strepitante voglia di vivere, lo sposalizio sacro venisse celebrato innumerevoli volte in maniera vicaria come festa dell'ebbrezza dei sensi, come libera unione dei sessi, per la quale, accanto alle schiave prostitute, erano a disposizione , nel tempio stesso, numerose ierodule di Inanna (Ishtar) che la prostituzione rituale rendeva vere sorelle della loro dea assetata d'amore.
Il mito si trasformò in culto, e nel culto si celebrò regolarmene la ripetizione del mito." La festa annuale, celebrata appunto per tale motivo, vedeva il concorso dell'intera popolazione".
[...]
All'epoca remota dell'antica cultura araba pre-islamica, "le donne godevano di vasti poteri e di una importante posizione sociale, al punto che il governo era affidato a regine, che conservano propri privilegi, sovrani anche dopo il matrimonio.
«È curioso che la "danza del ventre" per secoli, e tutt'oggi, sia esistita in modo sorprendente nei paesi musulmani, pur non appartenendo alla cultura islamica, e rimanendo circoscritta in una realtà socio-culturale marginale. Perchè? Dove possiamo rintracciare la sua eventuale origine e quali sono le sue caratteristiche?
[...]
Nella nostra analisi prenderemo in considerazione il nome stesso: "danza del ventre". Il ventre cioè' come luogo della procreazione, come sorgente di vita, collegato alla figura della donna madre, simboli della fecondità e delle fertilità. La nostra attenzione, dunque, sarà concentrata sul corpo della donna ( visto che solo la donna attualmente pratica professionalmente questo tipo di danza) e sulla figura dell Grande Madre nell'antica civiltà Mesopotamica.
Non vogliamo affermare che l'attuale danza del ventre rappresenti una danza sacra o cultuale derivata da una cultura antica, bens' pensiamo al fenomeno connesso alle tracce remote di una manifestazine di danza decontestualizzata e degenerata e sopravvissuta al margine della società arabao islamica da diversi secoli. È indubbio che il mito della Grande Dea Madre Mesopotamica esercitò notevole influenza su alcune culture antiche: quella degli Indiani, dei Greci, dei Romani e degli Arabi antichi.
In che cosa consisteva il mito della Dea Madre e come si svolgeva la manifestazione culturale dedicata ad Essa? Se prendiamo in considerazione l'affermazione di Samuel Kramar in merito alla teogonia sumerica, troviamo la Dea Madre, della fertilità, già nella seconda metà del terzo millennio con il nome di Ishtar, Dea dell'amore e della guerra.
In sostanza, la sua funzione, come possiamo dedurre dal mito, è quella di discendere nel mondo degli inferi (cioè il mondo dei morti) - attraverso il passaggio delle sette porte che simboleggiano i sette mondi terrestri, spogliandosi, via via, dei monili e delle vesti e oltrepassando le porte - riprendendo la sua sostanza peculiare di dea, rientrando poi nell'ordine divino per rigenerare la vita. Ripercorrendo il tragitto a ritroso, la Dea ridona agli esseri, uomini e animali, l'amore e la fertilità.
"E' probabile che in quei giorni di gioia e di strepitante voglia di vivere, lo sposalizio sacro venisse celebrato innumerevoli volte in maniera vicaria come festa dell'ebbrezza dei sensi, come libera unione dei sessi, per la quale, accanto alle schiave prostitute, erano a disposizione , nel tempio stesso, numerose ierodule di Inanna (Ishtar) che la prostituzione rituale rendeva vere sorelle della loro dea assetata d'amore.
Il mito si trasformò in culto, e nel culto si celebrò regolarmene la ripetizione del mito." La festa annuale, celebrata appunto per tale motivo, vedeva il concorso dell'intera popolazione".
[...]
All'epoca remota dell'antica cultura araba pre-islamica, "le donne godevano di vasti poteri e di una importante posizione sociale, al punto che il governo era affidato a regine, che conservano propri privilegi, sovrani anche dopo il matrimonio.
Anche
in campo religioso, l'elemento femminile aveva un ruolo primario, e
particolarmente venerata era Alorsamanni, la Ishtar araba, il cui
simbolo era l'astro del mattino di Venere. Tutto ciò potrebbe
essere prova della presenza della Dea Madre presso la cultura degli
antichi arabi, ma non possediamo una conoscenza cronologica precisa
né sappiamo in che modo si sia verificata questa sua influenza.
Sappiamo solo, con certezza, che gli antichi
arabi adoravano dee femminili, e che, con l'arrivo dell'Islam, si è
distrutto tutto ciò che apparteneva alla cultura pagana.
Eppure gli arabi, fatti musulmani, non hanno mai dimenticato le
antiche poesie e gli aneddoti che tramandano la memoria dei loro
antenati. Con l'espansione dell'Islam, nell'ottavo secolo d.C., le
conquiste diffusero la cultura e la lingua araba ben oltre i confini
della penisola arabica, dal Marocco fino ai margini dell'altopiano
Iranico. Le culture locali pre-islamiche subirono un sensibile
arresto e una stasi da cui solo lentamente alcune si ripresero.
Con l'avvento degli Abbasìdi, alla metà del secolo VIII, che si stabilirono in Iraq, "le genti sottomesse fanno il loro vitttorio ingresso nella vita spirituale della nuova società, vi portano il ricordo e spesso il concreto patrimonio della loro precedente cultura: talora anche una consapevolezza fierezza della loro, non araba. Uomini i cui avi, poche generazioni prima, erano iranici, greci, armeni, visigoti, diventarono non solo cittadini, ma maestri e corifei della cultura internazione musulmana espressasi all'epoca soltanto in arabo" (F. Gabrieli, La letteratura araba, Firenze, Sansoni, 1967, p. 13). Nello sviluppo opulento della grande città del califfato degli Abbasidi, coabitavano diverse religioni di gente non mussulmana, che vivevano al margine della cultura religiosa ma avevano uno stretto contatto con le varie categorie e i ceti sociali che componevano la società, di cui parleremo nel prossimo capitolo.
Ed è in questa realtà di contatto e mescolanza di diverse
culture locali di questo periodo che, a nostro parere , va ricercata
la probabile origine dell'attuale "danza del ventre": cioè
negli elementi formalizzati del concetto della Dea Madre, dea
dell'amore, che, fuori dal suo contesto culturale, ha subìto una
significativa trasformazione. Tuttavia, in merito alla
presenza del culto della Dea Madre nella società islamica ,
trapelano informazioni vaghe ed incerte. [...]
A nostro avviso, l'attuale "danza" è una forma ibrida che nasce da un connubio scaturito dalle tracce formalizzate dell'idea remota della figura femminile, derivata dalla dea dell'amore e della fertilità, con la musica arabo islamica sviluppatasi nei palazzi opulenti del periodo degli Abbasìdi, e di cui le donne, anche erudite, si dilettavano; la musica araba ha sottolineato le caratteristiche peculiari dei movimenti corporali dell'antica figura e della danza stessa: la struttura della musica, una fra le arti più importanti della cultura arabo islamica, ha esercitato, perciò, una decisiva influenza sulla tipologia dei movimenti melodici e ritmici dell'attuale "danza del ventre".
D'altro canto, è certo che questo tipo di danza non appartiene alla cultura islamica, nè rappresenta apsetti significativi della cultura arabo - classica: è sopravvissuta ai margini della società islamica, ed è tutt.oggi circoscritta all'interno di una realtà caratterizzata da una sottocultura che non ha avuto la capacità di inserirsi appieno nel contesto della società araba, nè ha potuto evolversi per dialogare con la cultura erudita. E' una forma di danza che è stata, ed è tutt'oggi, n' del tutto rifiutata, nè del tutto accettata.
A nostro avviso, l'attuale "danza" è una forma ibrida che nasce da un connubio scaturito dalle tracce formalizzate dell'idea remota della figura femminile, derivata dalla dea dell'amore e della fertilità, con la musica arabo islamica sviluppatasi nei palazzi opulenti del periodo degli Abbasìdi, e di cui le donne, anche erudite, si dilettavano; la musica araba ha sottolineato le caratteristiche peculiari dei movimenti corporali dell'antica figura e della danza stessa: la struttura della musica, una fra le arti più importanti della cultura arabo islamica, ha esercitato, perciò, una decisiva influenza sulla tipologia dei movimenti melodici e ritmici dell'attuale "danza del ventre".
D'altro canto, è certo che questo tipo di danza non appartiene alla cultura islamica, nè rappresenta apsetti significativi della cultura arabo - classica: è sopravvissuta ai margini della società islamica, ed è tutt.oggi circoscritta all'interno di una realtà caratterizzata da una sottocultura che non ha avuto la capacità di inserirsi appieno nel contesto della società araba, nè ha potuto evolversi per dialogare con la cultura erudita. E' una forma di danza che è stata, ed è tutt'oggi, n' del tutto rifiutata, nè del tutto accettata.