lunedì 30 settembre 2013

Danza del ventre in Gravidanza - Pregnant bellydance

Danzare, durante la gravidanza, è la più antica forma di preparazione al parto.
E' la parola stessa parola a raccontarcelo, Gravi Danza.
Danzavano le donne dell'Egitto, del Marocco, delle Hawaii, della Nuova Zelanda, dell'India, della Grecia. Danzavano per prepararsi al parto, disegnando dei grandi otto con i fianchi e cerchi, tutti movimenti atti ad aiutare la donna durante il parto e tutti movimenti, non a caso, appartenenti alla nostra amata danza del ventre. 

Oggi sono sempre di più i professionisti che consigliano la danza del ventre come sistema di preparazione ad un parto consapevole. 

La danza del ventre non ha controindicazioni, nel caso in cui la  gravidanza proceda in modo fisiologico.
Si raccomanda, in ogni caso, di consultare il proprio medico e di affidarsi ad un insegnante con una formazione specifica.
Vediamo alcuni benefici associati alla pratica della danza del ventre:

La danza del ventre prepara la donna ad affrontare il parto in maniera naturale e consapevole.

 La danza rafforza i  muscoli addominali, i muscoli pelvici profondi e  tutti quei muscoli specifici per il parto, facilitando così il parto stesso e il  post parto.
Danzare rilassa.
Incoraggia il bambino ad assumere la posizione corretta per il travaglio e per il parto. 
Migliora la fiducia in se stessi e il rapporto con il proprio corpo.

Contribuisce a favorire una buona postura.
Contribuisce a mantenere la forma fisica in generale.
• Promuove  equilibrio e coordinazione.
Allevia il mal di schiena

• Migliora il controllo addominale e la consapevolezza.
Aiuta a mantenere il tono del pavimento pelvico e quindi riduce le probabilità di prolasso uterino




Risorse:

Sulla danza in gravidanza:

Danza del ventre in gravidanza - Giulia Mion

Sul parto naturale:
Partorire e accudire con dolcezza, di Sarah J. Buckley 

Manuale del parto attivo Janet Balaskas



Gravidanza con la Musica - Libro + CD Audio
Audiocorso per il Parto Attivo + CD audio
Amira's Bellydance & Yoga for Pregnancy
Autori Vari
Video Download - Danza del Ventre in Gravidanza, Cullando la Vita

lunedì 15 luglio 2013

La sopravvivenza di danze di tipo arcaico: la danza del ventre


Testo tratto da: Delle antiche danze femminili, di Irina Naceo


(...) In questo senso si potrebbe ritenere che la definizione di "danza mediorientale", usata spesso al giorno d'oggi per indicare la danza del ventre, potrebbe essere inesatta e valere solo per un periodo storico abbatanza recente, ovvero per gli ultimi secoli, poichè tale danza era diffusa e praticata in tutto il mondo antico, come già detto, e non solo in una zona geografica delimitata.
Essa era una danza universale, che fu praticata fin quando le donne rimasero libere, così come quella in cerchio di cui si è precedentemente parlato.
Era la danza di tutte le donne, conosciuta in India, in Polinesia, in <Occidente ed in altri luoghi, dato che la danza femminile primigenia fu probabilmente simile ovunque, seppur con delle differenze solo esteriori, e fin quando rimase una danza sacra, e cioè finalizzata a ritrovare l'archetipo della Grande Madre nell'intimità femminile, essa si mantenne presumibilmente sempre uguale a se stessa, dato che proprio quei movimenti e quel modo di danzare potevano permettere di ottenere tale risultato.
Come già si è detto in precedenza, delle danze erotiche sacre presenti in Occidente in epoca arcaica non abbiamo più molte tracce, se non alcune testimonianze scritte di antichi autori quali Pausania o Luciano alle quali abbiamo già accenntao, ovvero i ritrovamenti di statuette rafiguranti danzatrici dalle movenze morbide e sensuali.
Un riferimento a tale danza puù essere trovato nella mitologia babilonese in relazione alla Dea Isthar (...).

In occidente, come già accennato, l'avvento della nuova religione, portò ad un occultamento delle danze femminili, che divennero segrete, e solamente le donne chiamate streghe continuarono presumibilmente a praticare i riti, i culti e le danze dell'antica tradizzione in onore della Grande Dea, cercando di cammuffarsi e di sembrare donne del tutto normali, per sfuggire alle persecuzioni attuate dalla chiesa contro colore che venivano ritenute seguaci del diavolo.
Anche in Oriente tale repressione fu messa in ratica prima dal cristianesimo e poi a partire dal sesto e settimo secolo dall'islamismo che si diffuse dall'Arabia Saudita verso nord, in medio Oriente , in nord Africa ed anche in alcune regioni europee, come la Spagna ed il meridione d'Italia.
In questo contesto storico però l'antica danza delle donne, seppure molto robabilmente orbata del suo carattere magico e trascendente ed eseguita per scopi ben diversi da eulli che si riproponeva la danza erotica arcaica, continuò ad essere praticata in diversi luoghi e per motivi differenti.

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sabato 13 luglio 2013

Contaminazioni: flamenco arabo

Il flamenco arabo non è uno stile codificato, ma l'incontro e l'armonica fusione tra due tecniche di danza diverse, ma molto vicine fra loro.
In Andalusia, infatti,  si sono incontrate tante culture diverse ma è quella araba che, raggiungendo il suo massimo splendore proprio durante i 700 anni di dominazione su questo territorio, ha lasciato l’impronta più forte anche nella musica. Il Flamenco affonda le sue origini proprio in questo ambiente. Parlare di Flamenco-arabo oggi non rappresenta un’invenzione dei nostri tempi ma semmai un richiamo al passato.
Nonostante esistano molte similitudini fra la danza orientale e il flamenco, è l'energia che scaturisce dalla danza a differenziarle.
Il flamenco è una danza grintosa ed è necessario riportare questa forza nella nostra esecuzione, se vogliamo creare una coreografia di arabo flamenco che non sia un semplice collage di passi.



venerdì 12 luglio 2013

Dive di oggi: Petite Jamilla


Incontriamo una nuova diva di oggi: Petite Jamilla, bella e affascinante, maestra nell'arte del doppio velo. Petite Jamilla porta avanti l'eredità di sua madre, Jamilla Rasa, colmando il divario generazionale tra lo stile folcloristico tradizionale e la fusion bellydance moderna. Il suo cammino nel mondo della danza inizia da giovanissima. A 17 anni era già un'esperta insegnante e all'età di 19 aveva già pubblicato in maniera indipendente i suoi primi due dvd didattici. Prima di fare il suo ingresso nelle Bellydance Superstars, Jamilla è stata a Parigi, in Francia, partecipando alla mostra d'arte di Karen Graffeo, dedicata alla vita in accampamenti di rifugiati rom in tutta Europa. Si è esibita al fianco dell'Orchestra di Rabat. Il Zaghareet Magazine riconosce il suo talento dedicandole due copertine. PEtite Jamilla entra nelle BDSS nel 2004 come ballerina back line, ma ben presto ha conquistato la scena, grazie al suo assolo con il doppio velo che è diventato una colonna portante dello spettacolo in progressioni sempre più complesse. Con le BDSS Petite Jamilla ha girato in 20 paesi, diventando una delle icone del gruppo. Nel frattempo divenne anche un membro importante del team docenti BDSS tenendo laboratori in tutto il mondo. Adattato dal sito: http://www.bellydancesuperstars.com/content/article_3363.html

giovedì 27 giugno 2013

Dive di oggi: Sonia Ochoa


Ballerina, insegnante e coreografa di origine messicana, Sonia nasce a Los Angeles.  
Si accosta alla  danza  all'età di 19 anni, con lo studio della danza classica, della danza moderna e del  jazz. 

Conosciuta in tutto il mondo,  grazie alla partecipazione nel  gruppo Bellydance Superstars,  è' nota  per il suo stile sensuale e raffinato.  


Insieme al percussionista Issam Houschan insegna l'arte del drum solo  e la bellynesian, stile nato dalla fusione fra  i movimenti orientali a quelli polinesiani.

Autrice dei dvd didattici:
Introduction to Bellynesian [Edizione: Germania]
Bellydance:Art of Drum Solo [Edizione: Germania]



Una volta l'anno si reca in India per  studiare Odissi, una forma di danza classica indiana.
 Dagli antichi templi dell'India ai grandi palcoscenici del mondo, questa danza devozionale è stata ripresa, dando così la possibilità al pubblico di tutto il mondo  di visualizzare e connettersi con l'estetica indiana su un livello completamente nuovo.  
Studia, inoltre, il flamenco, sotto  la direzione di Roberto Amaral, a Los Angeles, California.
   







Fonti: 
Lucy in the sky
http://labellydanceacademy.com/sonia-ochoa/

venerdì 7 giugno 2013

La danza dell'oppio di Mata Hari

Descrizione dello spettacolo "Danza dell'Oppio" interpretato da Mata Hari: "...Qui ella si esibisce nell' integrale audacissima Danza dell'Oppio. ...La danzatrice di cui si favoleggia sia vissuta prigioniera in un tempio e ammaestrata alle sacre danze della dea Kalì, la statua stupenda di carne, colei che possiede in sé il fulgore del sole asiatico, la sacerdotessa di tutti i riti che la dea della violazione e dell'abbandono tramanda per il sacro delirio del suo corpo divino è lì, in ginocchio, curva su un braciere d'oro, circondata da velluti, in una scena colma di nubi, satura di un sentore dolciastro atto a simulare quello della droga che dona il sogno liberatore. In quel misterioso regno, su immensi drappi color porpora, di passione e di sangue, Mata Hari sta, fissa nella adorazione della fiammella azzurra, in cui il divino oppio si consuma; e tutto intorno una musica di cimbali malefica e avvincente. Onde di suono e onde di silenzio, esclamazioni di gioia e urla sommesse di dolore, si torcono e danno la misura di una tensione umana e divina. Mata Hari, sacerdotessa del male, giace nell'adorazione del suo terribile dio, a tratti apre le braccia come ad afferarlo, ma sempre si ritrae delusa: esso non è che fumo, parvenza vana. ...E intanto sale lentamente da profondità insondate - profumo della pianta mortale divenuto musica e più che musica fragore di spasimo e scoppio di rabbia... Nel silenzio immenso, gli spettatori stanno meravigliati... ...e lei, Mata Hari, la baiadera nuda, muove le braccia e il suo corpo si alza, si snoda come un tiepido serpente da un voluttuoso letargo, sul suo viso intento e soave ride e sanguina il rosso fiore delle labbra; leva ella le braccia e le ascelle appaiono azzurre pari a un brevissimo mare e infinito; rovescia la nuca... La danzatrice si scuote: il suo corpo ignudo è come un viluppo di sonagli e di fiori, di profumo e calore e pare che tutta la femminilità del mondo si mostri e si apra per accogliere il sublime messaggio. Si, Mata Hari in quell'istante è la pallida schiava della dea Kalì. ...Si, ella in questo momento è davvero se stessa e si torce e si strazia e morde l'aria il nulla coi canditi denti - lei la baiadera dagli occhi allungati e brillanti, dalle giunture di feltro, le palme di velluto, le anche fredde e feroci, le caviglie levigate dolce pietra di luna... ...Si, ella è la Mata Hari di cui si favoleggia: colei che delira e fa delirare... ...Centinaia di occhi la fissano; poi ella alza le braccia, avanza lenta sul proscenio, con soste lunghe e meditate attorno alla gelida fiamma che vibra col suo verde occhio di serpe. Nessuno certo ha mai visto nulla di simile, in nessun luogo mai, nessuna donna è stata più nuda e tuttavia in quel suo offrirsi agli sguardi sebbene intatta e monda da tutto ciò che sia veste, coperta solo da due dischi di metallo e di gemme al vertice dei seni, ella impersona un ideale a suo modo religioso: sacerdotessa blasfema e tenera, violenta e misericordiosa... Mata Hari, mentre la sua danza assume un ritmo sempre più insinuante, si offre e si nega, essenza e sublimazione di ogni donna, quintessenza di ogni piacere dello spirito e della carne... Ella sola si muove in quella immobilità di sasso di cui gli spettatori sono vittime e carnefici; ed ella gira attorno al ricamo di fiamma, si avvolge del verde nastro di aromi, da quel minuscolo rogo che sembra bruciare smeraldi; i suoi capelli tesi alle tempie, affollati alla nuca, brillano di vampe rossastre, scintillano per i diaspri e le giade incastonati, il piccolo serpe di diamanti che li annoda e li tiene. E le braccia, le braccia chiamano e tentano il dio, invocano e danno carezze, sfiorano ambigue le zone d'ombra e di luce, entrano con mani sinuose infinite nella immaginazione degli astanti, si piegano come stoffe candite e ondeggianti; ella snoda i polsi allunga le dita affusolate: è una e mille, è tutte le donne del mondo che pregano e chiamano il dio. Ella lo invoca con le mani e i polsi e le braccia, vivi e guizzanti come un nido di candite serpi, lo tenta con le ascelle azzurre, gli offre il cavo tiepido delle braccia in cui il sangue caldo scorre, scopre la gola che palpita dove una lama azzurra sembra affondare fatta di gioia e di spasimo, un movimento di danza che si fa concreto ed etereo, e la sua schiena pare spezzarsi nel movimento esaltato da una crescente ansia di dedizione... Mata Hari cammina, il piede arcuato affonda come un artiglio di grazia nel morbido tepore del velluto purpureo; estasiata e folle affonda le braccia nelle volute azzurre di fumo e sembra che esso, come una tunica impalpabile, aderisca al suo corpo, vi scenda e si modelli a sua forma, lo vesta, nasconda per un attimo quella nudità melodiosa che implora... Sui loti d'oro e d'argento che i teneri piedi di Mata Hari sfiorano, sugli asfodeli canditi, piove una luce che ha il colore sublime degli astri; gli strumenti invisibili si esaltano, il loro suono insinuante e discreto si trasforma, le note si accavallano e si moltiplicano: non è più un suono quello, sì un'orgia tremenda e affascinante di suoni e sopra di essi, navigatore solitario e terribile, il dio degli dei passa, va verso il destino degli uomini... Il pubblico di Madrid mai aveva visto un simile spettacolo, mai una donna, per quanto fosse dotata di ogni grazia e arte femminile, lo aveva esaltato a tal punto; solo ora gli spettatori scoprono la femmina, il suo arcano e profumato potere; soltanto in questi istanti fatali ha conoscenza chiara e certa di ciò che la natura o il caso hanno creato per la propria continuità: lo splendente e infuocato e tenero dono che alimenta la poesia e l'immaginazione dei viventi. Mata Hari adesso, al culmine della propria esibizione, si rotola, si contorce su una infiorata prateria di desideri, i suoi ginocchi, le gambe battono l'aria nel ritmo incalzante della voluttà che tutto brucia e consuma, e il dio, il Budda, Siva incombe su di lei, fumo e materia, anima e concretezza estrema. Il corpo di Mata Hari splende e si eclissa, velluto teso e arrendevole, geme e canta come le canne che oscillano al vento, di esso e per esso risuonano; emana una melodia sorda e tenace che sembra uscita dal flauto...e la sua preghiera esasperata dal delirio sale e sovrasta la gelida fiamma che si consuma in uno splendore gelido e affascinante di smeraldi, attinge i cieli supremi..." Tratto dal romanzo Mata Hari, di Massimo Grillandi, edito da Bompiani, 2003

giovedì 6 giugno 2013

Gli stili della danza orientale in breve


Il termine “Raqs Sharqi” significa letteralmente danza dell'est, ossia  danza Orientale. Racchiude in sè la  danza classica, popolare e tradizionale dell’Egitto.

E' uno stile di danza raffinato ed elegante, che si distingue in tre diversi filoni:

SHA’ABI, BALADI e SHARQI




Sha’abi:
Il raqs sha'abi è lo  stile popolare folcloristico e racchiude in sè   diverse danze regionali, accomunate da  un linguaggio espressivo simile. 

E' uno stile di danza comunicativo, vivace, legato alla terra, caratterizzato da ampi movimenti di bacino.

Baladi:
Il raqs baladi nasce al Cairo, all'inizio del XX secolo,  dall'incontro fra le danze folkloristiche e le influenze musicali provenienti dall'occidente. Puo  essere paragonato al soul e al rhythm & blues sorti nei ghetti neri americani.

É lo stile più interessante dal punto di vista della ricerca, perchè è quello di formazione più recente. 
Strumenti tradizionali,  come il duff (tamburello a cornice), il nay e la tablah, sono stati accostati a strumenti “importati” dalla musica occidentale quali la tastiera, la fisarmonica, il sax e la tromba.
Da questa fusione nasce il  TAXIM BALADI

Verso gli anni trenta questa forma venne consolidata nel repertorio ASHRA BALADI, struttura divisa in dieci parti che consiste in variazioni su un tema compiute dai diversi strumenti a turno.


 Sharqi classico:
Questo stile rappresenta il lato  colto  della danza orientale.
E’ caratterizzato da movimenti sinuosi, fluidi e raffinati che si uniscono in  una serie di figure complesse,  di difficile esecuzione. 
Racchiude in se' l'evoluzione stilistica delle danze  precedentemente illustrate. 




sabato 18 maggio 2013

Il rito del thè¨ alla menta


Il tè, detto in arabo "shai", è un altro rito importante e diffuso tra i paesi arabi e in tutta la cultura dell'estremo oriente, dalla quale esso deriva. L'arabo comune, così come l'inglese, non può fare a meno di partecipare al rito indissolubile del tè, per il quale si riunisce con tutta la sua famiglia, intorno alla "mida" (il tipico tavolino basso) su bassi e comodi cuscini, posti sopra un grande e variopinto tappeto.  Tutti gli arabi coltivano questa tradizione giornaliera, condivisa più volte al caffè con gli amici, tra un "narghilè" e l'altro, a casa con la famiglia e intorno al corano con i compagni di preghiera.
Da dove deriva l'uso del tè alla menta?
I primi consumatori di tè sono stati i nomadi del deserto. Questo perchè il tè alla menta riscalda e rinfresca al tempo stesso. E'  perciò la miglior bevanda che si possa bere sotto l'arsura del sole e la migliore bevanda che s possa bere in un freddo pomeriggio e dopo un pasto abbondante, per i suoi benefici sulla digestione. Insomma, con i suoi ingredienti assolutamente naturali (tè, menta, zucchero e acqua), il tè è un vero e proprio toccasana per l'organismo=.
Ogni paese arabo, inoltre, prepara il tè in modo particolare. Tutto il Nordafrica, dal Marocco alla Libia, si accomuna per la preparazione del tè alla menta, il quale viene ristretto abbondantemente e presentato in piccoli bicchierini decorati con motivi arabeschi, su vassoi di metallo, con particolari teiere arabe.
In Tunisia la varietà di tè maggiormente usata è quella verde, a cui viene aggiunta sempre un'abbondante quantità di menta, che completa e rinfresca il gusto del tè in sè: a volte venogno aggiunte alla menta alcune foglioline aromatiche diuna pianta particolarmente profumata, che cresce rigogliosamente in Tunisia, grazie al clima caldo e benefico, chiamata "attarshia",a ccomunata al geranio profumato.
E' un tocco in più che solo il raffinato gusto diTunisi poteva inventare. PEr finire e poter servire un perfetto tè verde alla menta, sarà bene accomplagnarlo con della frutta secca, come le nocciole alla libica o i pinoli alla tunisina e i classici dolcetti nordafricani.

Il caffè turco

Tra storia e leggenda la misteriosa storia della lettura dei fondi del caffè:

La nascita del caffè come bevanda presenta origini oscure come lo sono le origini della lettura dei fondi del caffè.
Secondo  un'antica leggenda, un pastorello africano, mentre pascolava le sue pecore, notò che il gregge era diventato improvvisamente più energico del solito; alchè scoprì che la causa di tanta vitalià erano i chicchi di una pianta a lui sconosciuta, che volle provare.
Colpito dall'effetto miracoloso provocato dai chicchi misteriosi, li fece provare a molte persone del suo villaggio, ma non tutti furono entusiasti della  nuova scoperta. Alcuni, temendo di restare vittime di un maleficio, gettarono i chicchi nel fuoco.
Il frutto misterioso attrasse però di nuovo l'attenzione, con il suo inebriante prufumo, tanto che lo stesso malfidato ne rimase totalmente conquistato, da riprendere da riprendere i chicchi dal fuoco, per poi gettarli nell'acqua e creare il primo caffè della storia.
Il passo dalla leggenda alla realtà diventa più difficile, in quanto le fonti storiche non dicono mai abbastanza sulle prime apparizioni del caffè nel mondo antico. Si è certi, però, che il caffè fosse presente nel medioriente e che proprio qui nasce l'arte divinatoria della lettura dei fondi di caffè.
La prima bottega del caffè è stata aperta a Costantinopoli nel 1554, ed in seguito la bevanda si diffuse in Siria,  Palestina ed Egitto. All'epoca il caffè era venerato come una bevanda portentosa, da bere in compagnia e come rimedio contro il sonno e l'apatia.
In Europa le prime botteghe di caffè comparvero nel 1600. Nel 1700 a Venezia aprì il mitico Caffè Florian, che divenne ben presto un luogo di ritrovo per gli artisti e gli intellettuali dell'epoca.
In seguito le preziose piante di caffè furono esportate in Sudamerica e in tutto il mondo, I turchi dicono del caffè:
"Deve essere nero come l'inferno, forte come la morte e dolce come l'amore". 
La preparazione e la lettura dei fondi:
Per preparare un buon caffè alla turca, si dovrebbe usare un caffè proveniente dai paesi araba, ma si possono raggiungere buoni risultati anche macinando il caffè molto fino.
Procuratevi poi un pentolino cilindrico dal lungo manico ed il bordo alto, per impedire che il caffè esca, durante l'ebolizione. Per ogni persona versate una tazzina di acqua ed un cucchiaino nel pentolino. Zucchero a seconda dei gusti.
Portate il caffè ad ebolizione, poi allontanatelo dal fuoco. Una volta pronto, versatelo nelle apposite tazzine lentamente, ed altrettando lentamente sorseggiatelo.  Capovolgete la vostra tazzina a caffè terminato (attenzione: è importante che dalla tazzina abbia bevuto solo la persona alla quale la lettura è rivolta). Affidate ora la vostra tazzina ad una persona esperta e sapiente, attenta e sensibile, perchè possa leggere nella vostra tazzina il vostro passato, le ansie e felicità del presente, le sorprese del futuro. Leggendo le figure ed i segni simbolici che appariranno sul fondo della tazzina, il lettore leggerà all'interno del vostro cuore e dei vostri sentimenti.
non fatevi scappare l'occasione di potervi fare leggere i fondi di caffè durante un viaggio in medioriente!

Konafa: dolce egiziano



Ingredienti per 4 persone
Per la crosta:
½ kg di pasta fillo tagliata a pezzetti, 2 panetti di burro non salato sciolto
Per il ripieno cremoso:
4 cucchiai di crema di riso (o riso macinato finemente), 2 cucchiai di zucchero, ½ tazza di zucchero, ½ tazza di latte, 2 tazze di latte, ½ tazza di panna
Per lo sciroppo:
1 ¼ tazza di zucchero, ½ tazza d’acqua, 1 cucchiaio di succo di limone, 1 cucchiaio di acqua di rosa o acqua di fiori d’arancio
Preparazione “Konafa ”
Preparate il ripieno cremoso miscelando la crema di riso, lo zucchero e ½ tazza di latte per creare una pasta morbida. Portate 2 tazze di latte ad ebollizione, quindi aggiungete la pasta di riso appena preparata mescolando continuamente. Lasciate sobbollire continuando a mescolare fino a che si ottenga un composto molto denso. Assicuratevi che non si creino grumi o che non s’attacchi al fondo della pentola. Lasciate raffreddare il composto di latte, quindi aggiungetevi la panna. Miscelate bene.
Preparate, ora, lo sciroppo mescolando lo zucchero, l’acqua e il succo di limone a fuoco medio fino a che non s’addensi al punto tale che il composto s’incolli al cucchiaio di metallo. Aggiungete l’acqua di rose e cuocete mescolando per qualche altro minuti fino a che sia ben incorporato. Rimuovete dal fuoco e lasciate raffreddare leggermente in frigorifero.
Per preparare il Kanfa, prendete metà della pasta fillo, versate metà del burro fuso sulla pasta e lavoratela in modo tale che sia ben amalgamata al burro. Cospargete la pasta sul fondo di una teglia da 22x22x5cm, quindi versateci sopra il ripieno cremoso.
Coprite il ripieno con il resto della pasta fillo usando lo stesso procedimento descritto sopra. Infornate a 170°C per circa 10-15 minuti, o fino a che sia leggermente dorato.
Rimuovete dal forno e versateci sopra immediatamente lo sciroppo freddo. Servite caldo o freddo, a piacere.
Fonte: http://www.cookaround.com

Atay chiba: bevanda marocchina

L’atay chiba, tè all’assenzio, è una tipica bevanda marocchina, da servire rigorosamente in bicchieri di vetro.
Bevanda marocchina
Ingredienti per 4 persone
1. Tè verde 3/4 di cucchiaio
2. Assenzio 1 ciuffo di foglie
3. Zucchero 4 cucchiaio
4. Acqua bollente 1 l
Preparazione:
1 – Scaldate una teiera, mettetevi le foglie di tè e versatevi sopra dell’acqua bollente che farete roteare brevemente all’interno e poi getterete badando di non buttare le foglioline.
2 -Aggiungete l’assenzio, lo zucchero ed un litro di acqua, quindi, mettete la teiera sul fuoco, in modo che riprenda a bollire per qualche secondo.
3 – A questo punto versate il tè in un bicchiere e travasatelo nella teiera; ripetete l’operazione per 3 volte prima di servire
Fonte: http://www.buonissimo.org

Caffè allo zenzero


Il caffè allo zenzero è una bevanda tipica dello Yemen.  La coltivazione del chicco di caffè si sviluppò proprio negli altipiani dello Yemen e si diffuse nel XVI secolo in tutto il mondo arabo. Solo in seguito nel XVII e XVIII secolo le compagnie coloniali esportarono il chicco in Europa, riuscendo a coltivarlo con successo.

Ingredienti:
230 ml di acqua
30 gr di caffè macinato finemente
20 gr di zucchero
7.5 gr di zenzero macinato
Istruzioni:
In un ibrik o in una pentola piccola unisci tutti gli ingredienti.



Porta ad ebollizione e togli dal fuoco.


Una volta che il caffè smette di bollire, rimetti sul fuoco e lascia bollire.
Togli da fuoco e ripeti.
Servi in tazze piccole.
Assicurati che il caffè riposi per un minuto prima di servirlo per lasciare che i fondi si posino sul fondo.

Ayran


L’ ayran è una bevanda a base di yogurt, acqua e sale originaria della Turchia. Si ritiene comunemente che la pratica di aggiungere sale allo yogurt abbia avuto origine in tempi antichi e aveva la funzione di prolungare il tempo di conservazione. Attualmente la bevanda è molto popolare in Medio Oriente, Asia Centrale e in Europa sud-orientale.


Ingredienti:
470 ml di yogurt intero
300 ml di acqua
sale
Istruzioni:
Mescola lo yogurt e l’acqua nel frullatore, finchè non è ben omogeneo.
Aggiungi il sale se desiderato.
Inizia con 0.6 gr di sale e aumenta a seconda delle tue preferenze.
Servi in bicchieri riempiti di ghiaccio.
Quantità: 4 porzioni

venerdì 17 maggio 2013

Raqs el Shamadan: danza con il candelabro

Accessori della danza danza del ventre: candelabro


Raqs el Shamadan: danza con il candelabro

Danza lenta e morbida, eseguita con un candelabro sulla testa.

Il mito fa risalire questa danza agli  antichi riti egiziani, che si svolgevano all'interno dei templi.

I documenti storici raccontano che questa danza venne introdotta agli inzi del XX sec.
Secondo il celebre coreografo e danzatore, Mahmoud Reda, furono i turchi ottomani ad introdurre per la prima volta in Egitto questa danza.
Altre fonti fanno risalire la sua origine alla fine dell'800, quando la danzatrice  Zouba El Klobatiyya,  si esibì ad un matrimonio con una lanterna accesa sulla testa. In seguito la danzatrice Shafia El Koptia utilizzo' un candelabro vero e proprio in equilibrio sulla testa.

Questa danza viene eseguita soprattutto ai matrimoni. La ballerina precede il corteo nuziale, "illuminando" il cammino della sposa, che per la prima volta si allontana dalla casa paterna. 

Un'alternativa all'uso del candelabro, è quella di danzare con un vassoio sulla testa, contente più candele accese. Questa versione è usata, per esempio, in Libano, ed è stata recentemente ripresa dalla fusion - tribale.

martedì 14 maggio 2013

Ritmi della danza del ventre: maqsum

Il maqsum è un ritmo in 4/4 proveniente dall’Egitto, utilizzato nella danza orientale. E' riconoscibile dal DUM TAK iniziale. E’ un ritmo molto diffuso, viene usato nella musica popolare, nello shaabi, nel repertori classico egiziano e nel pop moderno (geel) Trascrizione: DUM TAK / KA TAK / DUM KA / TAK KA

venerdì 3 maggio 2013

La danza del ventre come mezzo di connessione con le energie sottili

In questo brano, tratto dal libro "Le danze di Iside", di Daniela Naccari, ed. Akkuaria, l'autrice parla di come la danza egiziana ci metta in contatto con le energie sottili presenti nell'Universo.


"Da sempre l'uomo si è espresso attraverso la danza. Oggi forma d'arte che richiede dedizione, sacrificio, tecnica ed allenamento continuo, in origine forma di comunicazione ed espressione di sentimenti, avvenimenti passati, presenti e futuri.
Si conoscono tantissime forme di danza, non stiamo parlando di stili, ma di danze di ringraziamento, propiziatorie, funerarie, celebrative. (...)
Tutto danza in natura. Il sole, la luna, le stagioni, il giorno e la notte. Una danza incessante che non conosce giudizi, una danza cosmica, infinita, che ci permette di vivere.
Perchè se è vero che ogni cosa che si muove produce energia, è vero che attraverso il movimento mettiamo in circolo dentro ed intorno a noi tutta l'energia vitale che ci attraversa, permettendo all'energia stessa di rinnovarsi.
Attaccati al suolo attraverso i piedi scarichiamo e ci carichiamo dell'energia terrestre. Proprio come gli alberi affondano le loro radici al suolo, i nostri piedi diventano le nostre radici, facendo in modo che Madre Terra ci alimenti. I nostri rami sono le braccia, connessione tra la terra e il cielo, tra l'umano e il divino. Diventa una preghiera, un innalzarsi. (...)




domenica 28 aprile 2013

Il "tarab"

 

 

Quando ci doniamo alla musica, anima e corpo, entrando in uno stato di estasi e totale abbandono, quasi una sorta di trance, in cui tu sei uno con la musica, ecco, questo è ciò che gli arabi chiamano "tarab".
Il verbo “tariba”, da cui deriva il termine “tarab”, significa “essere commosso da gioia o da dolore”, “provare emozioni di piacere o di tristezza”, “andare in estasi, essere incantato, turbato, agitato, scosso".
Non esiste una corrispondenza nella nostra lingua. 
Secondo il dottor Ali Jihad Racy, autore del libro "Making Music in the Arab World",
 "Nella cultura araba, la fusione tra la musica e la trasformazione emotiva che avviene nell'ascoltatore è esemplificato da un  concetto, il  tarab, che non può avere un esatto equivalente nelle lingue occidentali ".

 
 

Danza con la spada: Raqs al Sayf

La danza del ventre è un magico caleidoscopio di colori. Fra le sue mille sfumature incontriamo la danza con la spada, conosciuta in arabo come "Raqs al Sayf".


La spada viene usata come accessorio di scena nella moderna danza del ventre, in occidente.
Le  origini di questa forma d'arte sono piuttosto incerte.  Ci sono moltissime leggende legate ad essa, ed è interessante analizzarle, perchè oguna di esse porta un particolare messaggio legato ai significati che la spada porta con sè.

Qualcuno la considera una danza sacra, legata ai riti propiziatori di madre terra.
Danzando con la spada rendiamo omaggio ad Isthar, antica  Dea mesopotamica della vita,  della luna, della natura e della guerra.
Rita Gaeta - Nur, autrice del libro "Dea e Dive legate alla danza orientale", collega questa danza al culto della dea guerriera Neit. Secondo l'autrice,  la spada simboleggia "la potenza della Dea che protegge i deboli, distrugge i nemici ed apre il cammino".
Altri raccontano di come talvolta le schiave, ai tempi dell'impero ottomano, riuscivano a strappare le spade ai soldati, per improvvisare una sensuale danza, ponendo la spada sul capo,  attraverso cui riaffermare la  libertà della propria anima:  "Anche con una spada sulla testa, sono libera di muovere i miei fianchi e danzare", sembravano dire le belle schiave dell'harem ottomano.
Un'altra leggenda racconta di come le gawasi usavano le spade per intrattenere i soldati napoleonici, danzando tenendole in equilibrio sulla testa o su altre parti del corpo. Attraverso le loro danze, diffondevano il messaggio secondo cui la spada va usata per il bene, non per aggressione.
Sempre a proposito della Raqs al Sayf, sul  blogger Kaliij, immagini e pensieri dall'Arabia, leggo: " A questo punto vorrei aggiungere la mia intuizione personale sulla sacralita’ di questa danza: nel tempio della dea Manat, (nei pressi dalla citta' di Medina), la divinita’ preislamica del Destino, era conservato un tesoro. Il Corano documenta in dettaglio la distruzione del tempio, e la presenza nel tesoro di due preziose spade. Ali, il cugino di Maometto, le consegno’al Profeta, che a sua volta gliene fece dono. Ancora oggi, in effetti, lo stemma dell’Arabia Saudita raffigura due spade incrociate che rappresentano la forza e la giustizia. Le due spade sottratte al tempio della Dea Manat si chiamavano Mikhdam (la tagliente) e Rasub (la penetrante)."


La spada, simbolo di verità e giusta e la sua danza rimanda al dominio delle forze aggressive dell'essere umano

Dal punto di vista storico, la principale testimonianza proviene dai dipinti dell'orientalista  Jean Leon Gerome risalenti al XIX secolo e di cui possiamo vederne un esemplare.  Ballando con la spada lascia equilibrio e il dominio interno delle forze aggressive di essere umano. Esistono varie leggende circa l'origine di questa danza. Uno di loro ci dice che si tratta di una danza in omaggio alla dea Neit guerriero. Essendo una dea guerriera, che simboleggiava la distruzione dei nemici e l'apertura dei modi. E 'anche possibile che nell'era in cui gli scontri avvenivano tra i turchi ei greci, gli Ottomani avevano alcuni ballerini che erano incaricati di servire il vino e intrattenere i soldati nemici.
Almee - dipinto orientalista


La danza con la spada richiede precisione, equilibrio, centratura, ed in questo senso rimanda alla capacità di dominare le forze aggressive presenti nell'animo umano e di saper equilibrare azione ed emozione.

Maschile e femminile si compenetrano in questa danza sensuale ed aggressiva al tempo stesso.
La danzatrice dà prova della sua maestria e della sua forza interiore, muovendosi sinuosamente con la spada,   posta in equilibrio sulla testa,sul seno e sul ventre.

Fonti: http://www.mondointasca.org
 "Dea e Dive legate alla danza orientale", di Rita Gaeta - Nur
 http://www.nuriadiez.es
 http://khalijmuscat.blogspot.it/

ll Mito d'Origine


Brano tratto dal Testo: "Il corpo Svelato - La danza nella società arabo islamica" di Kassim Bayatly, p. 13

«È curioso che la "danza del ventre" per secoli, e tutt'oggi, sia esistita in modo sorprendente nei paesi musulmani, pur non appartenendo alla cultura islamica, e rimanendo circoscritta in una realtà socio-culturale marginale. Perchè? Dove possiamo rintracciare la sua eventuale origine e quali sono le sue caratteristiche?
[...]
Nella nostra analisi prenderemo in considerazione il nome stesso: "danza del ventre". Il ventre cioè' come luogo della procreazione, come sorgente di vita, collegato alla figura della donna madre, simboli della fecondità e delle fertilità. La nostra attenzione, dunque, sarà concentrata sul corpo della donna ( visto che solo la donna attualmente pratica professionalmente questo tipo di danza) e sulla figura dell Grande Madre nell'antica civiltà Mesopotamica.
Non vogliamo affermare che l'attuale danza del ventre rappresenti una danza sacra o cultuale derivata da una cultura antica, bens' pensiamo al fenomeno connesso alle tracce remote di una manifestazine di danza decontestualizzata e degenerata e sopravvissuta al margine della società arabao islamica da diversi secoli.
È indubbio che il mito della Grande Dea Madre Mesopotamica esercitò notevole influenza su alcune culture antiche: quella degli Indiani, dei Greci, dei Romani e degli Arabi antichi.
In che cosa consisteva il mito della Dea Madre e come si svolgeva la manifestazione culturale dedicata ad Essa? Se prendiamo in considerazione l'affermazione di Samuel Kramar in merito alla teogonia sumerica, troviamo la Dea Madre, della fertilità, già nella seconda metà del terzo millennio con il nome di Ishtar, Dea dell'amore e della guerra.
In sostanza, la sua funzione, come possiamo dedurre dal mito, è quella di discendere nel mondo degli inferi (cioè il mondo dei morti) - attraverso il passaggio delle sette porte che simboleggiano i sette mondi terrestri, spogliandosi, via via, dei monili e delle vesti e oltrepassando le porte - riprendendo la sua sostanza peculiare di dea, rientrando poi nell'ordine divino per rigenerare la vita. Ripercorrendo il tragitto a ritroso, la Dea ridona agli esseri, uomini e animali, l'amore e la fertilità.
"E' probabile che in quei giorni di gioia e di strepitante voglia di vivere, lo sposalizio sacro venisse celebrato innumerevoli volte in maniera vicaria come festa dell'ebbrezza dei sensi, come libera unione dei sessi, per la quale, accanto alle schiave prostitute, erano a disposizione , nel tempio stesso, numerose ierodule di Inanna (Ishtar) che la prostituzione rituale rendeva vere sorelle della loro dea assetata d'amore.
Il mito si trasformò in culto, e nel culto si celebrò regolarmene la ripetizione del mito." La festa annuale, celebrata appunto per tale motivo, vedeva il concorso dell'intera popolazione".
[...]

All'epoca remota dell'antica cultura araba pre-islamica, "le donne godevano di vasti poteri e di una importante posizione sociale, al punto che il governo era affidato a regine, che conservano propri privilegi, sovrani anche dopo il matrimonio.

Anche in campo religioso, l'elemento femminile aveva un ruolo primario, e particolarmente venerata era Alorsamanni, la Ishtar araba, il cui simbolo era l'astro del mattino di Venere. Tutto ciò potrebbe essere prova della presenza della Dea Madre presso la cultura degli antichi arabi, ma non possediamo una conoscenza cronologica precisa né sappiamo in che modo si sia verificata questa sua influenza. Sappiamo solo, con certezza, che gli antichi arabi adoravano dee femminili, e che, con l'arrivo dell'Islam, si è distrutto tutto ciò che apparteneva alla cultura pagana. Eppure gli arabi, fatti musulmani, non hanno mai dimenticato le antiche poesie e gli aneddoti che tramandano la memoria dei loro antenati. Con l'espansione dell'Islam, nell'ottavo secolo d.C., le conquiste diffusero la cultura e la lingua araba ben oltre i confini della penisola arabica, dal Marocco fino ai margini dell'altopiano Iranico. Le culture locali pre-islamiche subirono un sensibile arresto e una stasi da cui solo lentamente alcune si ripresero. 
Con l'avvento degli Abbasìdi, alla metà del secolo VIII, che si stabilirono in Iraq, "le genti sottomesse fanno il loro vitttorio ingresso nella vita spirituale della nuova società, vi portano il ricordo e spesso il concreto patrimonio della loro precedente cultura: talora anche una consapevolezza fierezza della loro, non araba. Uomini i cui avi, poche generazioni prima, erano iranici, greci, armeni, visigoti, diventarono non solo cittadini, ma maestri e corifei della cultura internazione musulmana espressasi all'epoca soltanto in arabo" (F. Gabrieli, La letteratura araba, Firenze, Sansoni, 1967, p. 13). Nello sviluppo opulento della grande città del califfato degli Abbasidi, coabitavano diverse religioni di gente non mussulmana, che vivevano al margine della cultura religiosa ma avevano uno stretto contatto con le varie categorie e i ceti sociali che componevano la società, di cui parleremo nel prossimo capitolo.
Ed è in questa realtà di contatto e mescolanza di diverse culture locali di questo periodo che, a nostro parere , va ricercata la probabile origine dell'attuale "danza del ventre": cioè negli elementi formalizzati del concetto della Dea Madre, dea dell'amore, che, fuori dal suo contesto culturale, ha subìto una significativa trasformazione. Tuttavia, in merito alla presenza del culto della Dea Madre nella società islamica , trapelano informazioni vaghe ed incerte. [...]
A nostro avviso, l'attuale "danza" è una forma ibrida che nasce da un connubio scaturito dalle tracce formalizzate dell'idea remota della figura femminile, derivata dalla dea dell'amore e della fertilità, con la musica arabo islamica sviluppatasi nei palazzi opulenti del periodo degli Abbasìdi, e di cui le donne, anche erudite, si dilettavano; la musica araba ha sottolineato le caratteristiche peculiari dei movimenti corporali dell'antica figura e della danza stessa: la struttura della musica, una fra le arti più importanti della cultura arabo islamica, ha esercitato, perciò, una decisiva influenza sulla tipologia dei movimenti melodici e ritmici dell'attuale "danza del ventre".

D'altro canto, è certo che questo tipo di danza non appartiene alla cultura islamica, nè rappresenta apsetti significativi della cultura arabo - classica: è sopravvissuta ai margini della società islamica, ed è tutt.oggi circoscritta all'interno di una realtà caratterizzata da una sottocultura che non ha avuto la capacità di inserirsi appieno nel contesto della società araba, nè ha potuto evolversi per dialogare con la cultura erudita. E' una forma di danza che è stata, ed è tutt'oggi, n' del tutto rifiutata, nè del tutto accettata.




sabato 13 aprile 2013

Tecnica: posizioni nella danza del ventre

La danza mediorientale non ha una codifica unica, sebbene è  in corso un tentativo, da parte delle federazioni, di creare una codifica unica per tutti.   Quelle che vi fornirò di seguito sono le posizioni che mi sono state insegnate e che adotto a lezione. Potreste trovare delle leggere differenze rispetto a quelle che conoscete o che vi sono state insegnate.



POSIZIONI BRACCIA

Prima orientale: dalla postura di base, le spalle sonoposizionate indietro e le braccia allungate lungo il corpo, leggermente staccate da esso, in modo da creare una piramide sotto le ascelle. Il polso è morbido.

Seconda orientale: dalla prima posizione apro lateralmente le braccia, portandole  parallele al pavimento. Il gomito è leggermente piegato, le palme delle mani sono  rivolte verso terra o verso l'alto e non superano mai l'altezza delle spalle. La mano è  morbidamente allungata. Il tutto conferisce alla posizione un'immagine di allungamento.
Nel raqs sharqi le braccia  sono aperte all'altezza della spalla, mentre nel folklore e nel beledi sono più basse, all'altezza del seno.

Terza orientale: Dalla seconda posizione sollevo le braccia al di sopra della testa,  a livello dell'asse verticale del corpo. Nel sollevare le braccia avrò cura di mantenere le spalle in posizione base e di non sollevare il trapezio. Questa posizione è chiamata anche "posizione dell'anfora sulla testa". 

Varianti della terza posizione:
terza incrociata: incrocio i polsi
terza aperta: i palmi sono rivolti verso l'esterno
terza chiusa:i  palmi si guardano

Quarta orientale:  mantendo la posizione base delle spalle, porto  le braccia davanti al corpo,  all'altezza del  seno,   incrociando i polsi e tenendo le mani verticali, rispetto al pavimento con le palme rivolte all'esterno. 
quarta aperta: le mani non si toccano

Quinta orientale estesa: dalla prima posizione, mantengo un braccio in prima e porto l'altro in terza, avendo cura di mantenere la spalla abbassata. 

Variante:
quinta beledi: il braccio in terza,  si  avvicina all'orecchio 

Sesta orientale estesa: dalla seconda posizione, porto un braccio  in alto, come nella terza posizione. 
Sesta beledi: il braccio che è in alto scende all'altezza dell'orecchio.


Arabesque: port de bras associato all'arabesque




POSIZIONI DEI PIEDI:

Prima orientale: i piedi sono paralleli, non uniti, più stretti delle anche, radicati al pavimento.
Seconda orientale: i piedi sono paralleli, alla stessa apertura delle anche, peso in centro
Terza orientale: i piedi sono paralleli, con un'apertura leggermente oltre l'ampiezza delle anche. Peso in centro.
Variante: 
terza puntata lateralmente
Quarta orientale: un piede avanti e uno dietro, paralleli
Variante:
quarta puntata avanti
quarta puntata indietro
Quinta orientale: un piede davanti all'altro, paralleli, più vicini rispetto alla quarta
Variante:
quinta puntata in avanti (posizione beledi):

Note introduttive

In questo sito vengono forniti alcuni consigli ed esercizi, per accostarsi alla danza del ventre. Solo la supervisione di un insegnante può però garantire dei buoni risultati e soprattutto l'apprendimento corretto della postura e dei movimenti.

venerdì 12 aprile 2013

La danza del ventre nel mondo antico


Le origini della danza del ventre sono avvolte dal mistero. Le prime testimonianze scritte risalgono al 1700, è perciò quasi impossibile stabilire con certezza il luogo e la data in cui questa danza ha fatto la sua comparsa. Di certo, sappiamo che è una danza molto antica, fonti ben accreditate sostengono che sia nata  circa 25.000 anni fa, come pratica sacra legata al culto della Dea Madre.  I reperti archeologici, le pitture rupestri e stralci di letteratura antica, ci consentono, tuttavia, di  farci un’idea di quelle che sono state le antiche danze femminili, da cui la danza del ventre deriva.
Queste danze, al contrario di quanto comunemente si pensa, non sono una tradizione esclusiva del medioriente. C’è stato un tempo in cui ovunque nel mondo la donna era considera sacra, incarnazione vivente della Dea, portatrice di vita. In quei tempi i riti religiosi erano intrisi di musica, danza e canto. Si ballava nelle isole Hawaii, in onore della Grande Madre Laka, in Mesopotamia, per celebrare  la Gran Madre Ishtar. In Iran, Tuchia e Siria. In Egitto le sacerdotesse danzavano in onore di Iside  e attraverso le loro movenze  aprivano  un canale di comunicazione con la Dea. Nel grande Tempio di Artemide,  a Efeso le sacerdotesse veneravano la Dea con danze rituali di cui vengono descritte movenze analoghe a quelle della danza del ventre.  Danze rituali venivano eseguite a Cipro in onore della Dea Afrodite,  e in Grecia nel Tempio di Venere a Corinto.
Soffocata dall’avvento del patriarcato e dalle religioni monoteiste, la danza delle donne è sopravvissuta in Medioriente come forma d’intrattenimento.
Un grande contributo alla diffusione di quest'arte è  da attribuire alle popolazioni Rom, che dall'India si spostarono via terra verso l'Europa fino alle rive del Mediterraneo e da lì diramandosi verso il Medio Oriente, il Nord Africa, l'Europa Mediterranea e dell'Est. Nel corso di questi spostamenti la danza del ventre subì l'influenza delle diverse culture incontrate sulla sua strada contaminandole a sua volta, fino a ciò che conosciamo oggi come danza del ventre.

La danza

La danza è la madre di tutte le arti.

Curt Sachs

.....Pensieri al vento sulla danza......
"Il significato delle danze odierne è noto a tutti e si potrebbe dire che esse abbiano principalmente lo scopo di un divertimento, di uno spettacolo, di un corteggiamento ed in certi casi, come nella danza classica, di una rappresentazione artistica.
Se però si pensasse a come potevano essere le danze di qualche migliaio di anni fa e soprattutto al senso che esse potevano avere, si potrebbe forse prendere atto che gli scopi per cui esse venivano eseguite fossero totalmente diversi da quelli per cui oggi si danza"

Tratto da: "Delle antiche danze femminili" di Irina Naceo, ed. Terra di Mezzo, risvolto di copertina











Difficile spiegare a parole cos'è la danza.
Secondo Curt Sachs “la danza è la madre di tutte le arti (…) tutto è presente nella danza: il corpo, che nell'estasi trascende divenendo ricettacolo della potenza dell'anima; l'anima, per l'appunto, che trae felicità e gioia dall'accresciuto movimento del corpo liberato da ogni peso; il bisogno di danzare, erchè la prorompente gioia di vivere strappa le membra dal loro torpore; il desiderio di danzare, perchè chi danza acquista un potere magico che elargisce vittoria, salute, vita; un legame mistico che nella danza unisce la tribù e il libero manifestarsi della propria individualità.”
Tratto da  Storia della danza di Curth Sachs


La danza nasce dall'anima dell'uomo, è un impulso alla vita e all'unione, una porta per accedere alla nostra più profonda individualità.
La danza è una delle arti sceniche dell'antichità, insieme al teatro e alla musica.
Essa è una forma d'espressione innata nell'uomo.
La prima forma di conoscenza, infatti,  è quella che avviene attraverso il movimento del corpo.
Le danze arcaiche, come vedremo meglio parlando della danza del ventre e delle danze polinesiane, erano un tutt'uno con il rito religioso.
In epoca successiva la danza divenne un momento di aggregazione della collettività nelle feste popolari e ancora oggi persone di ogni età si riuniscono nelle discoteche e nelle sale da ballo.
Vediamo così che la danza, nel corso dei secoli, è sempre stata uno specchio fedele della società, del pensiero e dei comportamenti collettivi.

giovedì 11 aprile 2013

La danza del femminile

Tecnica: postura

La postura base nella danza del ventre

I piedi sono ben piantati a terra, paralleli, in linea con le anche.

Le ginocchia sono morbide, rilassate, in asse sopra i piedi.

Ne consegue che piedi, ginocchia e anche sono allineate.

Il coccige guarda verso il basso e la colonna vertebrale è allungata, dal sacro, fino alla cervicale.

I muscoli addominali sono tonici.

Lo sterno è aperto a livello del diaframma e guarda verso l'alto, in conseguenza della posizione assunta dalle spalle.

Le spalle sono rilassate, posizionate, in seguito ad una rotazione, all'indietro e abbassate. 

La testa è in asse rispetto al corpo, con lo sguardo orizzontale e il  collo allungato. Immagina un filo che tira verso l'alto.

Il respiro è regolare

Due forze opposte attraversano il corpo, dall'ombelico in giù l'energia ci spinge verso madre terra, dall'ombelico in su, ci proietta verso il cielo.